Museo Virtuale di un laboratorio di indoratura
Un laboratorio di restauro e doratura di fine 800 fra passato e presente




 
1) LA TECNICA DELLA DORATURA detta “A GUAZZO”.

Andando per fasi:

- Preparazione e stesura  della Colla: in passato la colla in stecche veniva rotta dentro ad un sacco poi messa a mollo in acqua per una notte quindi sciolta in acqua a fuoco basso. Oggi la colla è reperibile in perle e viene  sciolta senza necessità di essere spezzetata. La colla ancora molto calda viene stesa  sull’oggetto e per permettere che sia visibile onde coprire tutta la superficie, si aggiungeva alla colla del pigmento colorato in polvere (terra d’ombra).
Si lascia asciugare.

- Preparazione del Gesso:  Il Gesso ha una importanza fondamentale nell’arte della doratura in quanto rappresenta il “fondo” su cui adagiare la foglia.
La polvere di gesso viene setacciata per purificarla  da sassolini o altro. Parte della colla preparata in precedenza  e lasciata trasparente cioè senza aggiungervi il pigmento, viene utilizzata per la preparazione del gesso.  La colla viene scaldata ma mai portata ad ebollizione  in un pentolino  di terracotta  ed in essa viene sciolto il gesso.

- Stesura del Gesso:  Consta di diverse applicazioni e di un tempo di asciugatura tra l’una e l’altra. La densità  del gesso varia a seconda delle applicazioni: nella prima e nella seconda applicazione il gesso risulta piuttosto liquido con una proporzione colla/gesso a vantaggio della prima.  Dopo la terza applicazione del gesso che sarà più consistente e meno liquido, una volta asciugato, si passa ad una prima  raschiatura cioè alla levigatura della superficie trattata. Questa ha lo scopo di mettere in evidenza i particolari del pezzo come ricci e  volute di un intaglio.   Seguono almeno altre due “mani” di gesso sempre più denso prima di avere ultimato questa fase.

- La Raschiatura del Gesso:  fase finale di questa delicata tecnica che mette a nudo la vera abilità del doratore.  Qui il gesso viene levigato con raffetti e carta abrasiva.  Nell’ultima passata la carta deve essere di grammatura finissima proprio per mettere bene in evidenza i particolari dei fregi e rendere perfettamente liscio il gesso. 

- Preparazione del Bolo: Nella antica tecnica il cono di bolo veniva messo nella macina di marmo e per mezzo di coltelli a spatola con un movimento rotatorio si impastava con acqua fino a renderlo di consistenza morbida e setosa. I prodotti attualmente in commercio rendono il bolo direttamente utilizzabile.

- Stesura del Bolo: consta di più applicazioni. Nella prima mano il bolo giallo  viene preparato in modo molto diluito con colla. Lasciato asciugare viene applicata la seconda mano  che deve essere densa. La terza fase prevede una prima applicazione di bolo rosso preparato  di media  densità  e una seconda mano, previa asciugatura, applicata piuttosto densa. L’antica tecnica prevedeva una terza applicazione di bolo rosso a pennello veloce e superficiale cercando di evitare i fondi intagliati. La stesura di bolo rosso  in maniera più abbondante agevola la resa della brunitura a lucido del pezzo.

- La tecnica di doratura a guazzo: nasce specificatamente come tecnica  per dorare con foglia in oro zecchino o argento. Si prepara una soluzione detta “colletta” o “guazzo” fatta con acqua e colla di pesce o colla di coniglio. La cornice viene collocata in pendenza usando degli spessori in modo che non tocchi il tavolo da lavoro. Tale posizione consente all’acqua della colletta di defluire in modo tale da non ristagnare sul fondo del l’oggetto. Con un pennello a pelo molto morbido (martora) si bagna una porzione della cornice della dimensione della foglia da applicare. La foglia appoggiata sul cuscino da doratura viene tagliata col coltello a misura del disegno del pezzo da dorare. Con una pennellessa sottile (pelo di martora) si solleva la foglia dal cuscino attraverso la statica provocata dallo sfregamento del pelo contro la guancia. La foglia viene poi posata con delicatezza sulla porzione di cornice bagnata dalla colletta. Si procede via via  per tutta la grandezza del pezzo.
A doratura finita la parte viene tamponata con ovatta allo scopo di perfezionare l’adesione della foglia al bolo sottostante e per togliere eventuali bolle d’aria. Si lascia asciugare al “punto giusto” (8-10 ore) poi si passa alla fase della brunitura lucida od opaca a seconda di cosa s’intende mettere in evidenza del pezzo dorato. Per “brunire” si fa uso di particolari strumenti a pietra dette “agate” perchè su di un manico perlopiù in legno viene montata una pietra d’agata di diverse fogge.
La brunitura  lucida comporta l’applicazione dell’agata direttamente sulla foglia stesa e asciugata. La brunitura opaca comporta l’applicazione di una velina leggermente “ingrassata” (ad es.si fa passare la carta velina dei libretti di doratura  sopra la capigliatura) tra l’agata e la foglia d’oro La  tecnica  a “guazzo”  può essere utilizzata anche per l’applicazione di foglie in  ottone in quest’ultimo caso visto che la foglia in ottone è più spessa di quella in oro  la pennellessa in uso deve essere più rigida (ad es. in pelo di cinghiale).

- La tecnica di doratura a “Missione” detta anche “a mordente  secondo una tecnica antica sul pezzo da dorare veniva steso un fondo di vernice gialla o rosso. Una volta asciugato veniva steso un’altra vernice trasparente  ad effetto “tirante” o essiccante. Si attendeva un tempo di asciugatura (oltre le 24 ore) fino a quando  al tatto il dito aderiva alla vernice, a questo punto si poteva stendere la foglia. Attualmente esistono in commercio prodotti ad acqua rapidi che in 20 minuti essiccano e consentono di snellire i tempi di doratura. 
 
- La Patinatura:  detta anche Velature. Qualora si intendesse conferire al pezzo da dorare un aspetto “antico”o “invecchiato” una tecnica attuale consiste nell’ utilizzo di cere colorate di diverse gradazioni. Tecniche antiche prevedevano l’uso di estratto di nicotina diluito in acqua o bitume anch’esso diluito in acqua. In uso tutt’ora allo stesso scopo anche la polvere di pietra pomice. Tale soluzione veniva stesa a pennello. Per invecchiare un’argentatura lucida un tempo si usava  la bile di bue che ossidando conferiva il “nero”.

Il fissaggio della doratura/argentatura:  Fino all’800 non era previsto un trattamento di fissaggio della dorature che così potevano essere aggredite più facilmente. Si cominciò ad usare la chiara d’uovo battuto che veniva steso con pennello sull’ oggetto dorato. Attualmente si usano vernici trasparenti rapide a pennello.

2) LA TECNICA DELLA DORATURA detta “A MECCA” .

Questa tecnica si può definire una lavorazione “a risparmio” in quanto ha  come scopo quello di ottenere un effetto di “doratura” senza  l’applicazione della  foglia di oro zecchino.
Spesso si è ricorso a questa tecnica che dava un buon effetto “oro”  quando le disponibilità economiche non erano elevate od in particolari periodi storici quando per moda (fine del XIX secolo) o per necessità (vedi periodo bellico) si imponeva tale tipo di scelta.
Il pezzo viene trattato in argento cioè si procede con lo stesso metodo della “doratura a guazzo” con la differenza che si utilizza una foglia d’ argento.
La particolarità di questo procedimento consiste nella utilizzazione di sostanze colorate in polvere dette “Aniline” che  si trovano   in varie gradazioni a seconda della tonalità dorata desiderata.
Queste debbono  essere  opportunamente disciolte in alcool a 90° e “cotte” a bagnomaria.
La soluzione ottenuta viene poi applicata a pennello sul pezzo argentato.

3) LA TECNICA detta DEI “FINTI MARMI”.

La tecnica in oggetto nasce allo scopo di ottenere un  effetto “marmo” ad imitazione di quello reale.
Si tratta di una vera e propria opera di pittura. Il procedimento parte dalla stesura sulla superficie  da decorare di una base di gesso che deve essere perfettamente liscia. I colori vengono scelti in funzione della tipologia del marmo da imitare: onice mediceo , rosso veronese , cipollino, lapislazzuli, ecc…
I colori ad acqua vengono stemperati in funzione della densità che si vuole ottenere per meglio simulare l’originale. L’applicazione avviene per mezzo di pennelli e penne d’oca. Queste ultime passate sul colore servono  ad ottenere particolari effetti come le venature del marmo. Anche l’acqua ha un ruolo fondamentale nella predisposizione delle sfumature  mentre l’alcool sapientemente “schizzato” dal pennello bagnato serve a riprodurre particolari tipi di venature circolari.
Una spugna marina bagnata  può all’occorrenza contribuire a riprodurre certi tipi di effetti.
A lavoro ultimato si procede alla lucidatura detta  “a tampone” che anticamente si effettuava con prodotti a base di cellulosa,  alcool e poco olio di vaselina.
LE TECNICHE